Inserita oggi nel territorio comunale di Lecco in località La Rocca della frazione di Chiuso, questa fortificazione si trova su un’altura sopra l’abitato di Vercurago e il Lago di Garlate ed è universalmente conosciuta con il nome di castello di Somasca cosiddetto dell’Innominato.
Prima della Rocca
Nel 1988 una campagna di scavo nei pressi della Rocca ha portato all’individuazione di un abitato golasecchiano databile tra l’XI e il V secolo a.C. Durante la prima età del Ferro infatti, il territorio della Val San Martino era inserito in un’estesa area culturale detta di Golasecca.
In particolare il territorio lecchese fu occupato dalle tribù celtiche degli Orobi fondatori, secondo le fonti antiche, di Como e di Bergamo che abitavano l’area compresa tra Lugano e il corso del fiume Serio. Le tribù golasecchiane divennero partner commerciali degli Etruschi e dei Celti transalpini fino all’invasione delle tribù galliche nel 388 a.C. che interruppe gli scambi e determinò la fine della cultura di Golasecca. I rimaneggiamenti subiti dal terreno, l’erosione e la spoliazione sistematica per recuperare materiale da costruzione per la Rocca hanno impedito l’individuazione di strutture precedenti ben definite e i resti individuati sono relativi alle fasi più tarde dell’insediamento.
L’importanza del sito risiede nella sua localizzazione strategica che permetteva il controllo delle vie di comunicazione verso le valli alpine e l’alto lago e del tratto lacustro-fluviale. Inoltre, nel V secolo a.C., da quest’altura si vigilava senz’altro sul tracciato pedemontano che collegava Bergamo a Como e il guado dell’Adda all’altezza del lago di Garlate, percorso che era la principale via di collegamento tra i centri etrusco-padani e le residenze principesche dei Celti d’Oltralpe.
L'eterno confine
Nel 1286, l’altura era difesa da una rocchetta presidiata dai Benaglio, famiglia feudale alleata dei Della Torre in opposizione ai Visconti. Al presidio era collegata, almeno a partire dal 1253, un’opera difensiva situata a ridosso della riva del lago di Garlate, denominata Chiusa che segnalava il confine occidentale del distretto di Bergamo. A partire dal terzo decennio del Quattrocento, la rocca divenne protagonista di aspre contese tra il Ducato di Milano e la Serenissima. Alla fine la Pace di Lodi del 1454 fissò il confine tra i due stati alle sponde dell’Adda e nei pressi della Chiusa si formò una “terra di nessuno” lunga qualche centinaio di metri. Lo stesso destino toccò alla Rocca, lasciata senza una ripartizione definitiva in attesa di ulteriori accordi tra le parti. I pretesti per gli incidenti diplomatici non mancavano: la pesca di frodo; gli interventi non autorizzati sulle sponde dell’Adda; gli spostamenti dei cippi di confine, gli arresti arbitrari di abitanti; i contenziosi per la gestione di terreni e boschi tra le comunità vallive; il contrabbando e le scorrerie di bande criminali che non mancavano di rifugiarsi oltreconfine, spesso con la connivenza o la complicità delle autorità. Particolarmente gravi e vessanti per le popolazioni erano poi le scorribande delle soldataglie agli ordini dei signorotti locali che spadroneggiavano approfittando dell’indeterminatezza delle frontiere. Negli Statuti comunali di Lecco, redatti nella seconda metà del Trecento, la cluxa e la rocha risultavano entrambe come possedimenti viscontei, unitamente al castello di Lecco e al relativo ponte fortificato e segnavano, a loro volta, una sorta di dogana commerciale nonché il confine sud-orientale del comune di Lecco. Distrutta dai francesi nel 1509, la Rocca fu poi rioccupata dai soldati milanesi e veneziani che approntarono alcuni alloggiamenti destinati al controllo del transito dei fedeli che si recavano all’eremo di San Girolamo o dei contadini che, da una parte o dall’altra, dovevano attraversare il confine per raggiungere i loro poderi. Nemmeno l’avvento del Settecento e dei nuovi dominatori austriaci riuscì ad estirpare totalmente queste piaghe che si erano ormai cristallizzate ripetendosi sempre uguali. Solo nel 1756 venne definito con precisione il confine che attribuiva a Milano l’intero castello, seguendo il corso delle vecchie mura ancora visibili. Nella serie di battaglie dell’aprile 1799 contro le truppe napoleoniche, gli austro-russi trovarono gli ostacoli della Chiusa e della Rocca, la quale pare sia stata colpita da alcune cannonate cosacche.
- BONAITI F., La valle dei castelli, 2010
- BONAITI F., La Valle San Martino: terra di confine tra transiti, scontri e incontri, in “Abelàse. Quaderni di documentazione locale”, anno 1 n. 1, Ponte San Pietro 2006, pp. 33-43.
- BORGHI A., La chiusa di Lecco e la rocca dell’Innominato cerniera tra Adda e Lario, in AA. VV. Fortificazioni nel bacino dell’Adda, Atti del convegno tenutosi a Villa Monastero il 15 ottobre 2005, a cura di Graziella Colmuto Zanella, Luciano Roncai e Guido Scaramellini, Castella, n. 94, Milano 2010.
- BORGHI A., Viaggio ai confini di Lecco. La muraglia della Chiusa e il suo abbandono, in “Archivi di Lecco e della Provincia. Rivista di Storia e Cultura del Territorio” anno XXXVI, n. 1, giugno 2013, Lecco 2013, pp. 35 sgg.
- DACCÒ G. L., Il Medioevo dell’Adda, in A. BURATTI MAZZOTTA e G. L. DACCÒ (a cura di) L’Adda trasparente confine. Storia, architettura e paesaggio tra Lecco e Trezzo, Lecco 2005 pp. 7-29.
- ROSSETTO M., Comunità e presidi militari dalla dominazione spagnola alla fine del XVIII secolo, in BURATTI MAZZOTTA A. e DACCÒ G. L. (a cura di), Le fortificazioni di Lecco origini di una città. Il rilievo come strumento di consocenza della “forma urbis”, Milano 2001, pp. 57-80